26 maggio 2006

Parmenide ed Eraclito

"La storia passa sulle nostre teste senza che nulla si possa fare per arrestarla o modificarla!"

Così ho scritto nella presentazione di questa sezione: "... nulla si possa fare ...".
Impersonalmente la frase regge, ma se si ammettesse l'esistenza di un soggetto capace di tanta potenza, chi potrebbe essere?
Con riferimento all'episodio della scheggia che non ha colpito papà mio e dell'altra scheggia che ha colpito un signore sconosciuto forse pure lui padre di altrettanta prole, cosa è successo?
C'è una prole più fortunata di un'altra?
L'artigliere che ha sparato il colpo di cannone non entra nel gioco?
Quale obiettivo costui doveva centrare nella direzione indicata dal comando?
L'obiettivo era anche la tesa di un cappello?
Prima del suo verificarsi, questo episodio, doveva succedere o poteva succedere?
Termino qui gli interrogativi perché non voglio emulare Italo Calvino che è un mito nel rappresentare l'attimo fatale: nel tutto, l'evento si esaurisce in un crescendo verso una situazione di inesauribile tenzone tra casuale e causale; tra dimensioni temporali e spaziali dall'infinito al nulla!
Non scriverei queste cose, oppure le scriverei in modo diverso, se non avessi appena letto "Il futuro è già determinato?" di Ilya Prigogine, appena uscito da Di Renzo Editore. Già il titolo ed il volto dei due filosofi greci sulla copertina ha esercitato su di me un effetto calamita: il mio entusiasmo è salito alle stelle quando ho letto, a pagina 32, la dichiarazione dell'autore di non sapere "quale sarà la posizione della luna tra un milione di anni" ma che "l'esistenza di milioni di insetti che osserviamo è una prova di quella che potremmo chiamare la creatività della natura."
L'autore, nel contesto del periodo nel quale è inserita la breve frase qui riportata, richiama il pensiero di due grandi filosofi: Parmenide ed Eraclito. Parmenide insisteva che non c'è niente di nuovo, che ogni cosa esiste ed esisterà per sempre.
Eraclito insisteva sull'idea del cambiamento.
Un dilemma che ha interessato i filosofi sino ad oggi e che non ha trovato soluzione: ha ragione Parmenide, oppure Eraclito?
Prigogine in poche pagine vuole dimostrare che il dilemma può essere inserito in una cornice matematica esatta.
Non voglio riassumere lo svolgimento del tema dal punto di vista matematico e per questo, chi ha interesse faccia come me: spenda € 8,50 comprando il libro presso Internetbookshop e si convinca, sempre come me, che, le sue argomentazioni sono decisamente efficaci nel confutare certe tendenze di pensiero che, con caparbia pervicacia, vogliono sopravvivere. Tento di rappresentare, a modo mio, le conseguenze di quanto espone!
Innanzi tutto,sembra che il dilemma Parmenide - Eraclito non sussista. Entrambi hanno ragione: l'unico a rimetterci un po’ le penne, a mio parere, è Platone che pasticcia le cose tentando di risolvere il dilemma con "l'essere" e il "non essere" per dire che il cambiamento è insito in ciò che è e che non appare. Platone sostanzialmente dice che bianco non è nero; bontà non è cattiveria e da tutto ciò che è preesistente, nasce il cambiamento dopo uno squilibrio ovvero una lotta insita in tutte le cose create.
Le due concezioni sono vere nell'ambito di ciò che si vuole osservare.
La natura si manifesta sotto varie forme ed ognuna di queste ha caratteristiche sue peculiari nell'ambito delle dimensioni che si prendono a base dell'osservazione.
Siccome non sono un fisico, né un matematico, ma un modestissimo speculatore nell'osservazione di fenomeni naturali, cerco di chiarirmi le idee esaminando, sull'onda del pensiero di Ilya Prigogine, se quelli oggetto di studio della sociologia e della psicologia abbiano, nel fondo, un comportamento affine.
Mi pongo una domanda: tutti i fenomeni compresi nelle scienze citate, sono integrabili? Ovvero stabilito un principio scientifico come quelli osservati nella fisica classica, esiste per il tempo una direzione privilegiata sulla quale fare previsioni esatte anche per l'economia? Se fosse così la risposta alla domanda fatta dall'autore nel titolo della propria opera sarebbe: il futuro è determinato nella misura in cui si possa prevedere la data dell'avvento della pace universale, ad esempio.
Ilya Prigogine ci ricorda che, "per la fisica classica, il futuro ed il passato giocano lo stesso ruolo e tutto procede in modo predeterminato e che, per la termodinamica, tutto va verso la morte: la morte termica".
Così si prevede anche la morte fisica di una persona, aggiungo io, con tutto l'ausilio della scienze medica (causalità) e statistica (causalità) che, dai tempi dei nostri antichi e celebri filosofi, hanno progredito all'inverosimile.
Quindi, anche la pace universale?
Nel modo classico con cui gli eventi si susseguono con regolare continuità si arriva solo a sintetizzare la storia universale in: nacque, visse e morì.
Ovvero nel senso pessimistico come in un processo di termodinamica.
Il succedersi delle civiltà dimostrano che una certa concezione deterministica della storia ha un fondamento logico, ammesso però che ogni storia sia fine a se stessa.
In realtà le regolarità storiche sono interrotte da perturbazioni, da flussi provocati dai sistemi esterni a quelli osservati e che creano nuovi cicli di fenomeni la cui evoluzione è imprevedibile in relazione all'esperienza passata. Ogni fenomeno vive all'interno di un sistema che non può essere spiegato dentro il sistema stesso: ad esempio la relazione 1+1=2 non può essere dimostrata dall'aritmetica (ricordate l'episodio di Achille e la tartaruga?), come l'esistenza di Dio non può essere spiegata né dalla teologia né dalla filosofia.
Nell'ambito dei rispettivi sistemi, queste identità sono atti di fede. Il fatto che la prima relazione sia stata dimostrata in matematica analitica non comporta il fatto che si debba anche dimostrare che per credere in Dio debba esserci una dimostrazione.
La lezione di S. Tommaso apostolo c'insegna qualcosa al riguardo: vedendo il costato ferito del Cristo ha creduto, e quando ha creduto avrebbe anche potuto (come facoltà - libertà - libero arbitrio) continuare a non credere.
Gli egiziani hanno costruito le piramidi prima che Pitagora facesse la dimostrazione del suo famoso teorema!
Quindi occhio ai flussi, alle discontinuità, alle tendenze che si susseguono nelle fasi di regolarità. Sono i fatti entelechiani trattati nella sezione "Argomenti" di questo sito che possono darci potenti segnali degli andamenti futuri. Ricordo che dai tempi del Trattato di Yalta, si diceva che l'impero sovietico era un colosso dai piedi d'argilla.
Ci sono voluti quasi cinquanta anni perché crollasse il muro di Berlino e chi sopravvisse da allora con questa convinzione, ebbe la soddisfazione di dire che aveva ragione.
Ilya Prigogine sembra convinto che si possa arrivare alla integrazione, ma, per ora siamo fermi alla biologia e tra la sociologia e la psicologia. Forse nuove scoperte nel campo della fisica, porteranno nuovi elementi per fare previsioni temporali. Per ora contentiamoci di ciò che sappiamo già del futuro che vedo in una sua evoluzione in senso ottimistico.
Quale futuro?
Non quello della costruzione di un nuovo muro di Berlino!
Ilya Prigogine dà preziose indicazioni, al riguardo e riporto, per intero quanto dice nelle conclusioni a pagina 45 del suo libro più volte qui ricordato.

'Arriviamo così ad una diversa concezione della realtà. Laplace e Einstein credevano che l'uomo fosse una macchina all'interno della macchina cosmica.
Spinoza affermava che senza saperlo siamo tutti macchine, cosa che non sembra particolarmente soddisfacente. Tuttavia, nel descrivere il nostro universo evoluzionistico, abbiamo fatto solo i primissimi passi. La scienza e la fisica sono ben lontane dell'essere complete, come invece qualche fisico teorico vuole farci credere.
Al contrario, ritengo che i vari concetti, che ho cercato di descrivere in questo mio intervento, dimostrano che siamo solo all'inizio. Non sappiamo esattamente cosa corrisponde al Big Bang, non sappiamo cosa determina le famiglie delle particelle, non sappiamo in che direzione si muove l' evoluzione biologica. Posso concludere il mio intervento con qualche osservazione generale. La fisica del non equilibrio ci ha fornito una migliore comprensione del meccanismo della comparsa degli eventi. Gli eventi vengono associati alle biforcazioni. Il futuro non è determinato.
Soprattutto in quest'epoca di globalizzazione e di rivoluzione basata sulle reti, il comportamento a livello individuale è il fattore chiave nel plasmare l'evoluzione dell'intera specie umana, proprio come poche particelle possono alterare l'organizzazione macroscopica della natura e dar luogo alla comparsa o scomparsa di strutture dissipative. Il ruolo degli individui è più importante che mai e questo ci porta a credere che alcune delle nostre conclusioni rimangano valide nelle società umane. Una famosa affermazione di Einstein dice che il tempo è "un'illusione". Einstein aveva ragione per i sistemi integrabili ma il mondo intorno a noi è essenzialmente formato da sistemi non integrabili.
Il tempo è la nostra dimensione esistenziale. I risultati qui riportati dimostrano che il conflitto tra Parmenide e Eraclito può essere estrapolato dal contesto metafisico e formulato nei termini della moderna teoria dei sistemi dinamici.'


23 maggio 2006

Una chiacchierata con il Nobel Arno penzias

"La questione non è risolvere i problemi quanto selezionare il problema da risolvere".

È questa la rivelazione che nella mente di Arno Penzias, Premio Nobel per la Fisica, ha acceso per anni la passione per la ricerca, per la conoscenza e per il progresso dell’uomo.

Nel libro “L’origine dell’Universo” edito dalla Di Renzo Editore, Penzias ci racconta, come davanti ad una bella tazza di tè, la sua straordinaria avventura verso una scoperta che ha avuto ripercussioni enormi, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni: la radiazione cosmica di fondo. Se siete preoccupati di non capire una parola di questo libro perché non masticate affatto il linguaggio della fisica, non temete!

La sottoscritta è lontana dalla fisica come i bambini dagli spinaci eppure il libro l’ha letteralmente divorato! Si tratta di un piccolo testo, oserei dire “sereno”, una vera conversazione informale con un grande personaggio, qualcuno che ha cambiato il mondo con le sue ricerche. Nessuna pretesa di divulgazione scientifica, nessun accademismo astruso, ma il viaggio attraverso la memoria e la vita di Arno Penzias, nato a Monaco di Baviera nel 1933, e vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1978.

Dall’esperienza sotto il nazismo, alle difficoltà di inserimento a scuola di un bambino timido che dopo aver cambiato istituto scopre il suo grande amore per il “funzionamento” del mondo. A chi gli domanda, infatti, quale sarebbe il miglior regalo da fare ad un bambino, Penzias risponde: degli attrezzi. Si, perché la curiosità è un bene prezioso che non viene mai valutato a sufficienza e che invece è il motore di ogni conoscenza e il “sintomo” primario dell’intelligenza. Attraverso i brevi capitoli del libro il premio Nobel, racconta dei suoi grandi incontri con colleghi illustri, con personaggi politici (bellissimo il breve ritratto di Eleanor Roosvelt)delle amarezze e delle soddisfazioni dei primi anni di lavoro, della voglia di fare.

Parla di particelle, di atomi, di radiazioni, di Big Bang con semplicità, con la chiarezza di chi sa di non dover più dimostrare nulla a nessuno e per questo diventa più disponibile a “scendere un gradino” e a guardare negli occhi della gente. Si interroga su come cambierà (e su come è già cambiato) il nostro mondo nell’epoca della tecnologia sempre più “invadente”. L’esagerata informatizzazione è un pericolo soprattutto per la nostra formazione perché ci mette nelle condizioni di credere che ciò che apprendiamo attraverso la rete sia più reale di ciò che apprendiamo da soli. Ma c’è una certezza: il computer è necessario perché rende gli artisti migliori artisti, gli scienziati migliori scienziati e gli scrittori migliori scrittori, ma anche “i perditempo dei migliori perditempo”.

11 maggio 2006

Il rumore del Big Bang



Nato nell’anno della presa del potere da parte di Hitler, Arno Penzias è uno dei bambini che nella primavera del 1939 lasciano la Germania con il Kindertransport, il trasferimento in treno di migliaia di bambini ebrei di origine polacca, cecoslovacca e austriaca in Inghilterra. L’anno dopo emigra con la famiglia negli Stati Uniti. A New York Arno frequenta il college, si iscrive a fisica e nel 1961 si trasferisce ai Laboratori Bell per concludere la sua tesi. Si trattava – ricorda Penzias nel libro autobiografico L’origine dell’universo, Di Renzo Editore, del quale pubblichiamo uno stralcio – di «progettare e costruire un amplificatore maser da utilizzare in un’esperimento di radioastronomia» e i Bell Labs disponevano delle uniche attrezzature adatte allo scopo.

Di fatto, presso quei laboratori dove è rimasto per quasi quarant’anni, gli «è accaduto» di effettuare una scoperta che ha segnato una svolta nella storia dell’astronomia e gli è valsa il Premio Nobel per la fisica nel 1978. «La storia della scoperta della radiazione cosmica di fondo» - dice Penzias – è un impasto di casualità, serendipity e duro lavoro». Insieme a Robert Wilson, un giovane radioastronomo assunto dai Bell Labs nel 1963, Penzias si era messo al lavoro per misurare l’intensità delle onde radio provenienti dalla Via Lattea captate per mezzo di una potente antenna. Nel corso degli esperimenti, ricorda Penzias, ci accadde di rilevare «un inatteso rumore radio di fondo, stabile, continuo, invariante. Puntammo l’antenna verso altre direzioni, ma il rumore proveniva da tutte le direzioni e i controlli ci confermavano che sembrava fosse emesso da una sorgente fuori dalla Galassia». Nonostante tutti gli accorgimenti, quell’eccesso di “rumore” ingiustificato persisteva; un “rumore” che corrispondeva a una temperatura equivalente d’antenna di circa 3 gradi sopra lo zero assoluto. Penzias e Wilson non stavano certo cercando evidenze per la teoria del Big Bang.

In quegli anni si contrapponevano due teorie sull’origine dell’Universo. Secondo Hermann Bondi, Thomas Gold e Fred Hoyle l’Universo si trovava (e si trova) in uno «stato stazionario» nello spazio e nel tempo. La teoria rivale, quella dell’universo in espansione, si basava sui risultati di Edwin Hubble (1929). Sulla base di quella teoria George Gamov aveva ipotizzato che l’Universo aveva avuto origine in un punto dello spazio-tempo di densità e temperatura enorme con una tremenda esplosione, il Big Bang. Penzias e Wilson si consultarono con Robert Dicke, un fisico di Princeton. Dicke aveva congetturato che, come conseguenza della teoria del Big Bang, doveva esistere nell’Universo una radiazione fossile di 3 gradi Kelvin. Era proprio questo il misterioso segnale radio captato da Penzias e Wilson. Come ha detto scherzando uno dei suoi colleghi ai Bell Labs, Arno è un uomo fortunato. Lui e Wilson «stavano cercando di capire l’origine dell’eccesso di rumore rilevato da un’antenna dove si posavano i piccioni. Hanno passato ore e ore a cercare e togliere cacca di piccioni». Alla fine quel rumore è stato identificato col Big Bang. Insomma, «cercavano della cacca ma hanno trovato dell’oro, proprio il contrario di quello che accade alla maggior parte di noi».

03 maggio 2006

È Arno Penzias il nuovo protagonista dei Dialoghi Di Renzo Editore








L’origine dell’universo, Di Renzo Editore

Non si comporta affatto come un Premio Nobel, Arno Penzias. Mentre ci racconta con entusiasmo la sua nuova avventura nel campo dell’innovazione, la sua straordinaria capacità di reinventarsi in un campo completamente differente da quello che lo ha reso celebre, non sembra il grande fisico che ha fatto una delle scoperte più importanti dei nostri tempi.

Era il 1964 e il giovane Penzias, in forza ai Bell Laboratories, officina di grandi menti e tempio delle applicazioni delle grandi scoperte scientifiche, s’imbatté per caso, mentre cercava di ottenere un stima ragionevole dell’eccitazione dell’ossidrile OH, nella temperatura della radiazione dello spazio associato alla lunghezza d’onda. Solo successivamente, e sollecitato da un collega, si rese conto di aver incontrato per la prima volta la radiazione primordiale che permea l’universo, la radiazione cosmica di fondo, la prova conclusiva dell’origine esplosiva dell’universo.

Il racconto della scoperta, e del Premio Nobel che ne è conseguito, è al centro di questo libro-intervista, uscito nella collana I DIALOGHI, edita da Di Renzo Editore, e frutto di colloqui tra l’autore e l’editore. Penzias passa in rassegna tutti le svolte cruciali della sua intensa vita: la fuga dalla Germania nazista, la passione per la fisica, l’incontro con Sacharov e un’analisi del nuovo mondo globalizzato e affamato di tecnologie. Non risparmia ai lettori nemmeno una serie di predizioni su quello che sarà il futuro che ci attende dal punto di vista tecnologico.

Divenuto un brillante consulente per aziende della Silicon Valley che si occupano di innovazione, Penzias sembra avere un solo rimpianto: “La gente parla con me, ma in realtà vuole parlare con un Premio Nobel.”

Con il dialogo dedicato a Penzias, Di Renzo Editore arricchisce la qualità della serie con un ricco glossario per chi mastica poco i termini scientifici e un interessante sezione dedicata ai personaggi, scienziati e non, menzionati dall’autore nel corso del libro.